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Il Decameron, tome V

Auteur : Boccace (1313-1375)

Editeur : Ciardetti

Date : 1824

Sujets : Prose italienne -- 14e siècle

  • 1824
  • Il Decameron, tome V
  • IL DECAMERON DI M ESSER GIOVANNI BOCCACCIO CITTADINO FIORENTINO VOLUM E V. F IR E N Z E PRESSO L E O N A R D O C IA R D E T T l 1824. F I N I S C E L’ O T T A V A G l O R N A T A D EL DECAMERON: IN C O M IN C I A L A N O N A , N e lla
  • ’ azz urrino in c o ­ lor ci le slro muta to t u t t o , e com in c ia v a nsi i fioretti per li prati a levar s u s o , quando E m i l i a le vat as i, fece le sue co mpagne et i g io v a n i parim ente ch iam ar e. L i quali v e ­ nuti et appresso al
  • li lenti passi della Reina a v v ia t is i, infino od un bosch etto, non guar i al palagio lon tano , se n ' a n d a r o n o ; e per quello entrati, videro gli a n i m a l i , si c o m e c a v r iu o li , c e r v i et a l t r i , quasi s icu ri d ai c
  • fiori, c chi sc on ­ tra ti gli a v e s s e , niuna altra cosa avrebbe potu to dire se non o costor non saranno dalla m orte v i n t i , o ella gli ucciderà lieti. Co sì adunque piede in n an z i piede venen­ dosene , c a utando e cia nci ando e m o tt e
  • g ­ g i a n d o , pervennero al p a la g io , dove ogni c o sa ord in atamente disposta, e li lor fa m i­ g lia r lieti e festeggiatiti trovar on o . Q u i v i riposatisi alquanto , non p r im a a tavola a n d a r o n o , che sei canzon ette più
  • lieta l ' u n a che l ’ a l t r a , da’ giovani e dalle donne ca nt ate furono. App re ss o alle q u a l i , data l ’ acqua alle m a n i , tutti secondo il piacer della Reina gli mise il sin isca lco a tavola, d ove le v iv a n d e venute, a lle gr i
  • tutti m a n ­ gia ro no . E da quella l e v a t i , al carolare et » 1 sonare si dierono per alquanto sp a z io ; e p o i , com andandolo la Reina, chi v olle s’a n ­ d ò a riposare. Ma già l’ ora usitata venuta, ciascu no nel luogo usato s’ adunò
  • a ragionare . D o v e la Reina a F il om e na guardando G IO R N A TA N O N A 5 ,disse che pr in cip io desse alle novelle del presente giorno . L a qual sorridendo co m in ciò in questa guisa. N O V E L L A I. MadonnaFrancescaamata da unoRinuccio e du uno
  • Alessandro, e niuno amando­ ne , col fare entrare l ' un per morto in una sepoltura , e l ' altro quello trarne per morto , non potendo essi venire al fine imposto , cautamente se g li leva da dosso . M adonna, assai m ’ aggrada , p o ic h è v i piace, che
  • pe r questo ca m po aperto e li­ bero, nel quale la vostra m ag nificenzia n'ha m e s s i , del n o v e ll a r e ,d ’esser colei che corra il primo a r in g o ; il quale se ben fa rò , no n dubito che quegli ch e appresso verranno , non facciano bene
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Il Decameron, tome III

Auteur : Boccace (1313-1375)

Editeur : Ciardetti

Date : 1824

Sujets : Prose italienne -- 14e siècle

  • 1824
  • : • à IL DECAMERON DI M E SSE R GIOVANNI BOCCACCIO C IT T A D IN O F IO R E N T IN O VOLUME III. FIREN ZE PRESSO LEONARDO CIA RDETTI 1824 F I N I S C E LA Q U A R T A G I O R N A T A DEL DECAMERON: INCOMINCIA LA Q U I N T A , N ella
  • tutti , un poco passata la nona, q u ivi, come alla Reina piacque, v i­ cin i alla fonte secondo l’ usato modo si ragunarono. E t essendosi la Reina a seder posta prò trib u n a li, verso Parafilo riguar­ dando, sorridendo a lui impose che pn nci, pio
  • desse alle felici n o velle. Il quale a ciò volentier s i dispose,e così disse» N O V E L L A I . C imone am ando d iv ien sa vio , et E fig e n ia sua donna rapisce in m a re : e messo in R o d i in p r ig io n e , onde Lisim aco i l tra e , e d
  • , molto v i dovrà esser caro. Adunque ( sì come noi nelle antiche isto­ rie d e c ip ria n i abbiam già letto) nella Isola di C ipri fu uno nobilissimo uomo il quale per nome fu chiamato A ristippo , oltre ad ogu' altro paesano di tutte le tem­ porali
  • gravissima noia por­ ta v a : e già essendosi ogni speranza a lui di lui fuggita, per non aver sempre davanti la cagione del suc dolore, gli comandò che alla villa n'andasse, e quivi co’ suoi lavora­ tori si dim orasse. L a qual cosa a Cimone fu carissim
  • a, perciò che i costumi e l’ u sanze degli, uomini grossi gli eran più a grado che le cittad in e. Andatosene adunque No v e l l a i. 7 Cimone alla villa e quivi nelle cose pertinenti a quella esercitandosi, avvenne che un giorno, passato già il m ezzodì
  • come Cimon v id e , non altram enti che se mai più forma di fem ina veduta non aves­ se, ferm atosi sopra il suo bastone , senza dire alcuna cosa, con amm irazione gran­ dissima la incom inciò intentissimo a r i­ guardare. E nel rozzo petto , nei quale
  • lavoratore, di bellez­ za subitamente giudice divenuto, seco som­ mamente disiderava di veder gli o c c h i, li quali essa da alto sonno gravati teneva chiusi, e per v e d e rg li, più volte ebbe vo­ lontà di destarla. Ma parendogli oltre mo­ do più bella ch
  • occhi, e veggendosi sopra il suo bastone appoggiato star davanti Cim one, si m aravigliò forte e disse : C im o n e, che v ai tu a questa ora per questo bosco N O V E L L A I. 9 cer ando? Era C im one, sì per la sua forma e sì per la sua rozzezza e sì
  • , e d ’ in su la proda a quegli che sopra il legno d ’ Efigenia erano forte g rid ò : arrestatev i, calate le v e le , o voi aspettate d’ esser vin ti e sommersi in mare. G li avversari di Cimone avevano l’ arme tratta sopra c o v e rta, e di
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Il Decameron, tome IV

Auteur : Boccace (1313-1375)

Editeur : Ciardetti

Date : 1824

Sujets : Prose italienne -- 14e siècle

  • 1824
  • IL DECAMERON DI MESSER G IO VAN N I BOCCACCIO C IT T A D IN O F IO R E N T IN O V O LU M E IV . F IR E N Z E PRESSO LEONARDO C IA R D E T T ! 1824» F I N I S C E L A S E S T A G I O R N A T A D E L DECAMERON: IN C O M IN C IA L A S E
  • T T I M A , N ella quale sotto i l reggim ento d i n e o si ra g io n a d elle beffe .le q u a li o p e r a m o re ,o p e r salvam ento a i loro le don ne hanno g ià fatte a i su oi m a riti, senza* essersene a v v e d u ti, o s t i ' O g n i stella
  • era già delle parti d’ oriente fuggita, se non quella sola la qual noi chia­ mamo L u c ife ro , che ancora luceva nella biaucheggiante aurora, quando il sin isc al­ co levatosi con una gran salmeria n 'an d ò nella V alle delle donne, per quivi
  • pareva. D a' canti­ de’ quali accompagnati infino nella V alle delle donne n ’ andarono,dove da molti più ric e v u ti, parve loro che essi della lor v e­ nuta si rallegrassero. Q uivi intorniando quella,e riprovoggendo tutta da capo, tanto parve loro più
  • esso loro, sempre quelle medesime canzoni dicendo che essi dicevano. A lle quali tutti gli uccelli, quasi non volessero esser v in ti, dolci e nuove note aggiugnevano. Ma poi­ ché l'o ra del mangiar fu venuta, messe le , tavole sotto vivaci arbori , et
  • vati eran o , e tempo era da ridacersi a no­ v ellare, come il Re vo lle, non guari lonta­ no al luogo dove mangiato avean o, fatti in su l’ erba tappeti distendere , e vicin i a i lago a seder postisi, comandò il Re ad : E m ilia che com inciasse. L
  • a qual lietamen­ ' te cosi cominciò a d ir sorridendo. N O V E L L A I. G ia n n i L o tterin g h i ode d i notte toccar l ' uscio suo : desta la m o g lie , et ella g l i f a a credere che eg li e la fa n ta s im a : vanno a d in ca n tare con una
  • orazio n e, et i l p ic c h ia r s i rim a n e • S i g n o r m io , a m e sarebbe stato carissim o, Quando stato fosse piacere a v o i , che altra T'om.IV 2 persona, che io , avesse a cosi bella mate­ ria,come è quella di die parlar dobbiamo, dato
  • della fantasima, la quale sallo Iddio che io non so che cosa si sia, nè ancora alcuna trovai che’l sapesse,come che tutte «eterniamo igualmente) a quella cacciar v i a , quando da voi venisse, notando bene la mia novella, potrete una santa e buona
  • uomo, dava di buone pietanze a’ frati. L i quali, perciò che qual calze equal cappa e quale scapolare ne trae­ vano spesso, gli insegnavano di buone ora- N O V EL LA . I. 7 zioni, e davangli il paternostro iu volgare, e la canzone di Santo Alesso, et
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Il Decameron, tome I

Auteur : Boccace (1313-1375)

Editeur : Ciardetti

Date : 1824

Sujets : Prose italienne -- 14e siècle

  • 1824
  • ■1 T r t t 7: ■ ■ / % C S H I L O TOMO P R IM O FIRENZE AITO R C H J DI LEONARDO I 82 3. C IA R D E T T I 31692 1L C 3S ^ b DECAMERON D I M ESSER GIO VAN N I BOCCACCIO C IT T A D I N O F IO R E N T IN O V O L U M E
  • I. ^ l'E F IR E N Z E PREsso LEONARDO ClARDETTl 1824 - ¿o . PREFAZIONE R ipubblicando il D e c a m e r o n e d i Giov. Boccaccio si perderebbe opera e tempo nel ricopiare le lo d i , che durante il corso d i oltre a quattro secoli e mezzo
  • . NOTIZIE SULLA. V I T A E G L I S C R I T T I D I M ESSER GIO. BOCCACCIO G iov anni Boccaccio, il cui solo nome, al dire del Mazzucchelli, vale mille elo g i , nacque nel 13 13 . Il padre di lui era mer cante in Firenze, ove il commercio forma va in quel
  • re al Petrarca la nuova del suo richiamo, e della restituzione dei beni del padre , il quale cacciato già da Firenze era morto in esiglio . T al circostanza legò questi due uomini celebri nella più stretta amicizia per tutto il corso della lor v ita
  • fiorentina al Pontefice Urbano V. Dopo averle adempiute, ritornò a Certaldo a proseguire i suoi studi; ma fu allora as­ salito da una lunga e dolorosa malattia, la quale poi lo lasciò in uno stato di abbat­ timento e di languore più penoso di quel­ la. Appena
  • attribuirsi piut­ tosto alla scarsità dei soccorsi che si tro­ vavano iri quei tempi per tali lavori , che alla negligenza dell’Autore. Lusingavasi egli nella sua gioventù di ottenere la se­ conda palma poetica coi suoi v e rs i, giac­ che la di lui
  • IN L A T I N O I. De. Genealogia Deorurn , Libri X V li. De montium , sylvarum , lacuum , fluviorum , stagnorum et marium nominibus , Liber. Ili. De casibus virorum et foeminaruni illustrium , Libri IX . 1 V De claris mulieribus. V. Eclogae X V I
  • . Trovansi queste sola­ mente stampate unitamente ad altre di vari autori in Firenze 15o4 , e nel libro Bucolicorum Auctores, stampato a Basilea nel 1546. O P E R E I T A L I A N E IN PO ES IA V I. La Teseide. Era sfata attribuita al Boccaccio r invenzione
  • di tale asserzione, avendo egli scoperto un poema più antico, intito ­ lato i l Febusso, manoscritto singolarissimo esistente nella Biblioteca suddetta , sul quale è da vedersi la dissertazione del detto Sig. Follini inserita nel Voi. V. della Col­
  • lezione d'opuscoli scientifici e letterari , F ir. 1808 p. 33 e segg. VII. L ' amorosa V isione, poema in terz rim a. V i l i . Il Filostrato, che tratta dell' in* namoramento d i Troilo e della Griseida, poema romanzesco in ottava rima . IX . I l N
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Il Decameron, tome II

Auteur : Boccace (1313-1375)

Editeur : Ciardetti

Date : 1824

Sujets : Prose italienne -- 14e siècle

  • 1824
  • IL DECAMERON DI MESSER G IO VA NN I BOCCACCIO CITTAD IN O FIO REN TIN O V O LU M E II. F I R EN ZE PR E S S O LEONARDO 1824. C IA R D E T T I F I N I S C E LA S E C O N D A G IO R N A T A D EL DECAMERON, INCOMINCIA L A T E R Z
  • seguita dalle sue donne e d a i tre gio v an i, alla guida del canto di forse venti usignuoli et altri u c ce lli, per una vietta non troppo usata , ma piena di verdi erbette e di fio ri, li quali per lo so­ pravegnen te sole tu tti s’ incom inciavano ad
  • . Q u in d i, quasi di riposo v aghi, sopra una loggia che la corte tutta signoreggiava , essendo ogni cosa pie­ na di quei fiori che concedeva il tem p o , e di fio n d i, postesi a sedere, venne il d i­ screto siniscalco, e loro con preziosissimi
  • bellezza tu tto in ­ siem e, più attentam ente le parti di quello com inciarono a riguardare. E sso avea d in ­ torno da se e per lo mezzo i n assai p a rti vie am pissim e, tutte d iritte come strale e coperte di pergolati di v i ti , le quali face­ van
  • nacque in O riente . Le latora delle quali vie tutte di rosai bianchi e v e rm ig li, e di gelsomini erano quasi chiuse: per le quali cose, non che la m attin a , ma qualora il sole era più alto , sotto odorifera e dilettevole ombra , senza esser tocco da
  • modo usato postisi a se­ dere , ad aspettar cominciarono di dover novellare sopra la materia dalla Reina pro­ posta. D e’quali il prim o, a cui la Reina tal carico im pose, fu F ilo strato , il quale co­ m inciò in questa guisa. N O V E L L A I. M
  • monache, che tutto se ne struggea, com prendendo per le parole di N uto che a lui dovrebbe poter v enir fatto di quello che egli disiderava. E t avvisandosi che fatto non gli verrebbe se a N uto ne dicesse niente, gli disse: deli come ben facesti
  • bisognasse gli spezzerebbe delle legne. Il castaldo gli die da m angiar v o len tieri, et appresso questo gli mise innanzi certi cep­ pi che N uto non avea potuto spezzare, li quali costui, che fortissimo e ra, in poca d ' ora ebbe tu tti spezzati. Il
  • certe biso­ gne che gli eran luogo , più giorni vel ten ne . D e’ quali avvenne che un di la badessa il v id e, e domandò il castaldo chi egli fosse. Il quale le disse: ma­ donna, questi è un povero uomo mutolo e sordo, il quale un di questi di ci venne
  • , e potrebbene l ’ uom fare ciò che volesse: et oltre a que­ sto non vi bisognerebbe d’aver pensiero che egli mot t eggiasse queste vostre g io v a n i. A cui la badessa d isse : in fé di Dio tu di’il vero: sappi se egli sa lavorare, et ingegnati di