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  • Année > 1824 Enlever ]
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Il Decameron, tome IV

Auteur : Boccace (1313-1375)

Editeur : Ciardetti

Date : 1824

Sujets : Prose italienne -- 14e siècle

  • 1824
  • IL DECAMERON DI MESSER G IO VAN N I BOCCACCIO C IT T A D IN O F IO R E N T IN O V O LU M E IV . F IR E N Z E PRESSO LEONARDO C IA R D E T T ! 1824» F I N I S C E L A S E S T A G I O R N A T A D E L DECAMERON: IN C O M IN C IA L A S E
  • altro so­ spetto non prendesse e con lei si turbasse, diliberò del tutto di doversi levare e di far­ gli sentire che G ianni v ’ era, e disse al m a­ rito.- bene sta, tu d i’ tue parole tu ; io per me non mi terrò mai salva nè sicura , se noi non la
  • albergo e senza cena era rim aso. Ma una mia vicina, la quale è una donna molto vecchia, mi dice che l ' una e l'altra fu vera, secondo che ella aveva, essendo fanciulla, saputo; ma che l'ultim o non a Gianni L otterin gh i era avvenuto, ma ad uno che si
  • entrò nel doglio, e P ero ­ nella andata a ll’ uscio apri al m a rito , e 16 G IO R N A T A S E T T IM A con un m al viso disse : ora questa che nov ella è , che tu così tosto torni a casa sta­ m ane? per quello che mi paia vedere, tu non vuogli oggi
  • che filare, tanto che la carne mi s ’ è s piccata dall’ unghia , per potere almeno aver tanto olio che n ’ arda la nostra lu cer­ n a . M a rito , m arito , egli non ci ha vicina che non se ne m aravigli e che non facci belle di me di tanta fatica
  • , quanta é quella che io d u ro ;e tu mi torni acasa colle mani spen zolate, quando tu dovresti essere a la ­ vorare. E così detto,incom inciò a piagnere e t a d ird a capo:oim è, lassa me,dolente me, che ma l’ ora uacqui,in che mal puntoci ven­ n i! che
  • a ’ m ariti la luna per lo sole ; et io , misera m e, perchè aon buona e non attendo a cosi fatte n o velle, ho male e mula ventura : io N O V E L L A I I. 17 non so perchè io non mi pigli di questi am anti, come fanno 1*a ltr e . Intendi sana­ mente
  • che io non fui figliuola di donna da c iò , e tu mi torni a casa quando tu dei essere a lavorare. D isse il m arito: deh donna, non ti dar malinconia per D io , tu dei credere che io conosco chi tu se’ , e pure stamane me ne sono in parte avveduto
  • ; egli è il vero ch’ io andai per lavorare , ma egli mostra che tu nol sappi , come io medesimo noi sapeva, egli è oggi la festa di Santo G aleo­ ne, e non si la vo ra, e perciò mi sono tornato a questa ora a c asa : ma io ho nondimeno provveduto e
  • uomo.* fate sicuramente m eco, che io son suo m arito. Disse allora G ian n ello: il doglio ini par ben sald o , ma egli mi pare che voi ci ab ­ biate tenuta entro feccia , che egli è Lutto i mpastriccialo di non so che cosa sì secca, N O V E L L A II
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Il Decameron, tome II

Auteur : Boccace (1313-1375)

Editeur : Ciardetti

Date : 1824

Sujets : Prose italienne -- 14e siècle

  • 1824
  • IL DECAMERON DI MESSER G IO VA NN I BOCCACCIO CITTAD IN O FIO REN TIN O V O LU M E II. F I R EN ZE PR E S S O LEONARDO 1824. C IA R D E T T I F I N I S C E LA S E C O N D A G IO R N A T A D EL DECAMERON, INCOMINCIA L A T E R Z
  • , tolga­ no del tutto a' lavoratori della terra i concupisce voli app etiti, e rendan loro d ’ i n ­ telletto e d'avvedim ento grossissimi . Ma quanto tu tti coloro che cosi credono sieno ingannati, mi piace, poiché la Reina co­ m andato me l ’ha, non
  • legne , attigneva acqua, e faceva cotali a ltri servi getti ; ma le donne mi davano si poco salaro, che io non ne poteva pure appena pagare i calza­ ri . E t oltre a questo elle son tutte giova­ n i, e parmi c h ’ elle abbiano il Diavolo in corpo, che
  • non si può far cosa ninna al lor modo ; anzi, quand’ io lavorava alcuna vol­ ta l’ orto, 1' una diceva, pon qui questo , e l’altra pon qui quello, e l’altra mi toglieva la zappa di mano e diceva, questo non sta bene, e davanmi tanta seccaggine, che io
  • lasciava stare il lavorio, et uscivam i del­ l’orto: si che tra per l' una cosa e per l ’a l­ tra io non vi volli star più, e son mene ve­ nu to . A nzi mi pregò il castaldo loro, quando io me ne venni , che se io n ' avessi alcuno alle mani che fosse da c
  • divisate seco, im aginò: il luogo è assai lontano di qui, e ninno mi vi conosce ; se io so far vista d ’ esser mutolo , per certo io vi sarò ricevuto. E t in questa imaginazione ferm atosi, con una sua scure in collo, senza dire ad alcuno dove s’ an­ dasse
  • , e seco lieto diceva: se voi mi m ettete costà en­ tro , io vi lavorrò si l ’orto, che m ai non v i fa così lavorato. O ra avendo il castaldo ve­ duto che egli ottim am ente sapea lavorare, e con cenni domandatolo se egli voleva star q u iv i, e
  • era , e lu i, che sem biante facea di dorm ire, com inciarono a riguardare. Per che l’ una , che alquanto era più baldanzosa, disse a ll’ altra: se io credessi che tu mi tenessi credenza, io ti direi un pensiero che io ho avuto più vol­ te, il quale
  • maggior vo­ glia che l' altra di provare che bestia fosse l ’uomo, disse: or b e n e, c ome faremo? A cui colei rispose: tu vedi c h ’egli è in su la nona; io mi credo che le suore sien tutte a d o rm ire, se non noi ; guatiamo per l’ orto se persona ci è
  • in fino a qui ho fa tto , a tal venuto, che io non posso far n è poco nè molto ; e per­ ciò o voi mi lasciate andare con D io, o voi a questa cosa trovate m odo. La donna udendo costui p a rla re , il quale ella teneva m utolo, tutta stordì, e disse; che è
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Il Decameron, tome I

Auteur : Boccace (1313-1375)

Editeur : Ciardetti

Date : 1824

Sujets : Prose italienne -- 14e siècle

  • 1824
  • I. ^ l'E F IR E N Z E PREsso LEONARDO ClARDETTl 1824 - ¿o . PREFAZIONE R ipubblicando il D e c a m e r o n e d i Giov. Boccaccio si perderebbe opera e tempo nel ricopiare le lo d i , che durante il corso d i oltre a quattro secoli e mezzo
  • sotto Giovanni da Stra da, e mostrò fin da ll’infanzia mi gusto deciso per la poesia; ma appena ave va egli dieci an ni, che fu dal padre conse gnato ad un altro mercante per apprendere l a esso il commercio. Condotto da questo a Parigi qualche tem-po
  • ricca di notizie interessantissime e nuove. Tomo /. ■;Hit , «i' ' ; : ' • V *ßp * - • '• ' -'••• -vî'oV- '■ ’ „ li, ;-.r i*»ii il! •> ! • • / ' ili OJiì'.Mi: (' . ©J : : ..... . (.•; '• . » V (,(. J *,Y. . . -.5 >¡’»ì ■ ) y.i ; ' v
  • leggeranno, avve­ nissero yVi-on si poteva senza questa ratnmemorazion dimostrare , quasi da necessi­ tà costretto, a scriverle mi conduco. Dico adunque, che già erano gli anni della fruttifera Incarnazione del Figliuolo di Din al numero pervenuti di mille
  • cani medesimi fedelissi­ mi agli u o m in i , fuori delle proprie case c ac cia ti, per li c a m p i, dove ancora le bia­ de abbandonate e rano, sanza essere, non che raccolte , ma pur segate , come meglio piaceva loro, se n'andavano. È molti quast come
  • dir­ lo non mi togliesse , la quale è questa , che io non voglio che, per le raccontate cose da loro che seguono, e per l’ascoltate nel tem­ po avvenire, alcuna di loro possa prender, vergogna ,esseudo oggi alquanto le leggi ri­ strette al piacere,che
  • se medesima dubitare: nè di ciò mi maraviglio niente, ma maravigliomi forte , avvedendomi cia­ scuna di noi aver sentimento di donna, non prendersi per noi a quello, che ciascuna di voi meritamente teme, alcun compenso. Noi dimoriamo q u i, al parer m
  • , impaurisco, e quasi tutti i capelli addosso mi sento arricciare ; e parmi dovunque io vado o dimoro , per quella l’ombre di coloro che sono trapassa­ ti, vedere, e non con quegli visi che io so­ lava , ma con una vista orribile, non so donde in loro
  • nuovamente venuta, spaven­ ta r m i. Per le quali cose e qu i,.e fuor di qui, e t in casa mi sembra star male; e tan­ t o più ancora, quanto egli mi pare eh« niuna pe rsona, la quale abbia alcun polso, « dove possa andare, come noi abbiamo, ci IN T R O D U
  • insieme vi di­ sponete (ta n to d ico , quanto alla vostra dignità s' appartiene) o voi mi licenziate, che io per li miei pensier mi rito rni e IN TR O D U ZIO NE 55 steami nella città tribolata. A cui Pampi­ nea, non d ’altra maniera che se similmen­ te
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Il Decameron, tome III

Auteur : Boccace (1313-1375)

Editeur : Ciardetti

Date : 1824

Sujets : Prose italienne -- 14e siècle

  • 1824
  • : • à IL DECAMERON DI M E SSE R GIOVANNI BOCCACCIO C IT T A D IN O F IO R E N T IN O VOLUME III. FIREN ZE PRESSO LEONARDO CIA RDETTI 1824 F I N I S C E LA Q U A R T A G I O R N A T A DEL DECAMERON: INCOMINCIA LA Q U I N T A , N ella
  • principio a così lieta giornata come questa s a r à , per dovere essere da me rac­ contate mi si paran davan ti: delle quali una più n ell’ animo me ne piace, perciò che per quella potrete comprendere non solamente il felice fine per lo quale a ra gionare
  • abbattea . Il che vedendo i Rodiani, gittando in terra l 'arm i, quasi ad una voce tutti si confessaron p rigio n i. A lli quali Cimon disse: gio­ vani uom ini, nè vaghezza di preda, nè odio che io abbia contra di v o i , mi fece partir di C ipri a dovervi
  • in mezzo mare con a r­ mata mano assalire. Quello che mi mosse è a me grandissima cosa ad aver acquistata, et a voi è assai leggiere a concederla mi con pace , e ciò è Efigenia da me sopra ogn' a l­ tra cosa am ata, la quale non potendo io a vere dal padre
  • terzo dì le novelle spose entreranno prim ieram ente nelle case de’ lor m ariti , nelle quali tu co’ tuoi compagni arm ato, e con alquanti miei ne’ quali io mi fido assai, in su ’ l far della sera entrerrem o, e quelle del mezzo de' conviti rapite, ad
  • udendo che il Re di T u n isi faceva grandissimo sforzo a sua difesa, disse ad un di quegli li quali lui e’ suoi compagni guardavano: se io potessi parlare al Re , e’ mi dà il cuore che io gli darei un con siglio , per Io quale egli vincerebbe la guerra
  • ho bene,in altro tempo che io in que­ ste vostre contrade usato sono, alla manie­ ra la qual tenete nelle vostre battaglie po­ sto mente, mi pare che più con arcieri che con altro quelle facciate; e p e rc iò , ove si trovasse modo che agli arcieri
  • del vostro avversario mancasse il saettam ento, e’ vo­ stri n ’avessero abbondevolmente, io avviso che la vostra battaglia si vincerebbe. A cui il Re disse.' senza du b b io, se cotesto si potesse fare, io mi crederrei esser vincitore. A l quale M
  • propo­ s ito , mi piace di racco n tarla. In R o m a , la q u ale, come è oggi coda , cosi già fu capo del mondo, fu un giovane, poco tempo fa, chiam ato Pietro Boccamaz­ za , di fam iglia tra le romane assai onore­ vole, il quale s’ innamorò d ’ una
  • che Pietro tu non s a i , tu dimorerai qui meco infino a tanto che fatto mi verrà d i potertene sicuramente mandare a Roma . Pietro stando sopra la quercia quanto più doloroso esser potea, vide in su ’ l primo sonno venir ben venti lu p i, li quali
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Il Decameron, tome V

Auteur : Boccace (1313-1375)

Editeur : Ciardetti

Date : 1824

Sujets : Prose italienne -- 14e siècle

  • 1824
  • IL DECAMERON DI M ESSER GIOVANNI BOCCACCIO CITTADINO FIORENTINO VOLUM E V. F IR E N Z E PRESSO L E O N A R D O C IA R D E T T l 1824. F I N I S C E L’ O T T A V A G l O R N A T A D EL DECAMERON: IN C O M IN C I A L A N O N A , N e lla
  • i t a , si guardi che p iò uè messo uè ambasciata mi N O V E LLA I. 9 m a n d i . E t appresso questo te n ' a n d r a i a R in u ccio P a le r m in i , e si gli dirai : madon­ na Fra ncesca dice che è presta di volere ogni tuo piacer fare, dove tu
  • a che non è le fanno far questo pe r u cc id er mi in quello a v e llo ? I l che se a v v e n is s e , io m ' avrei il d an no, n è mai cosa del mondo se ne saprebbe che lor n o c e s s e . O che so io se forse alcun m io n im ic o questo mi ha pr
  • oscera nno e per a v ­ ventura mi faranno m a l e , o co m e che essi n on me ne facc ian o, io non a vr ò fatto n u l­ l a ; che essi non m i lascieranno con la don­ n a , e la donna dirà poi che io abbio ro tto i l suo com an dam en to e non farà mai
  • u ffa lm a c c o , che guari non era l o nta n o, vedendol pa rtito da N e l l o , gli si fece in co n t ro , e salutatolo il d omandò se egli si sentisse niente. Cala nd rin o r i s p o s e r o non so ; pur testé mi dice va N e llo che io gli pareva
  • , a m e n a rlo c i. C a ­ la n d rin o a llo ra d isse : d eh s ì , com pagno 24 G IO R N ATA N O N A m i o , v a v v i e sa ppim i ri d ir e com e il fatto sta , che io mi sento un non so che d en tro . Br u n o andatosene al maestro S i m o n e , v
  • , che io la r o m perei tu tta ,a v v eg na che egli mi stea m oll o bene, che io non la doveva mai lasc ia r sa­ lir di sopra. Ma per certo , se io ca m p o d i questa, ella se ne potrà ben pr ima m ori r di v o g lia . Br u n o e Buffalmacco e N e l l
  • a t a , cioè com e la malizia d 'u n o il senno soper­ chiasse d 'u n a lt ro , con grave danno e s c o r­ no del sop er chia to, il che mi pia ce d i r a c ­ contarvi. E r a n o , non sono m o lt i anni p a s s a t i, in S ie n a due già per età co m
  • ’ hai rubato e g i ucato il m i o , ma sopra ciò hai impedita l a mia andata , et anche ti fai beffe di me . I l For ta rr igo stava pur fermo com e se a lui n on d ic e sse , e dic e va : deh perditi non mi v u o ’ tu m iglio ra r qui di tre soldi? non
  • n a , e non ve­ ne trov e rre’ uno che così mi stesse ben c o ­ m e ques to; e t a dire che io il lasciassi a costui per tre nto tto s o l d i , e gli vale ancor quaranta o più, sì che tu m i piggiorresti i n due m od i. L ’ An giu li e ri di gra