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  • Sujet > Prose italienne -- 14e siècle Enlever ]
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Il Decameron, tome II

Auteur : Boccace (1313-1375)

Editeur : Ciardetti

Date : 1824

Sujets : Prose italienne -- 14e siècle

  • , tolga­ no del tutto a' lavoratori della terra i concupisce voli app etiti, e rendan loro d ’ i n ­ telletto e d'avvedim ento grossissimi . Ma quanto tu tti coloro che cosi credono sieno ingannati, mi piace, poiché la Reina co­ m andato me l ’ha, non
  • legne , attigneva acqua, e faceva cotali a ltri servi getti ; ma le donne mi davano si poco salaro, che io non ne poteva pure appena pagare i calza­ ri . E t oltre a questo elle son tutte giova­ n i, e parmi c h ’ elle abbiano il Diavolo in corpo, che
  • non si può far cosa ninna al lor modo ; anzi, quand’ io lavorava alcuna vol­ ta l’ orto, 1' una diceva, pon qui questo , e l’altra pon qui quello, e l’altra mi toglieva la zappa di mano e diceva, questo non sta bene, e davanmi tanta seccaggine, che io
  • lasciava stare il lavorio, et uscivam i del­ l’orto: si che tra per l' una cosa e per l ’a l­ tra io non vi volli star più, e son mene ve­ nu to . A nzi mi pregò il castaldo loro, quando io me ne venni , che se io n ' avessi alcuno alle mani che fosse da c
  • divisate seco, im aginò: il luogo è assai lontano di qui, e ninno mi vi conosce ; se io so far vista d ’ esser mutolo , per certo io vi sarò ricevuto. E t in questa imaginazione ferm atosi, con una sua scure in collo, senza dire ad alcuno dove s’ an­ dasse
  • , e seco lieto diceva: se voi mi m ettete costà en­ tro , io vi lavorrò si l ’orto, che m ai non v i fa così lavorato. O ra avendo il castaldo ve­ duto che egli ottim am ente sapea lavorare, e con cenni domandatolo se egli voleva star q u iv i, e
  • era , e lu i, che sem biante facea di dorm ire, com inciarono a riguardare. Per che l’ una , che alquanto era più baldanzosa, disse a ll’ altra: se io credessi che tu mi tenessi credenza, io ti direi un pensiero che io ho avuto più vol­ te, il quale
  • maggior vo­ glia che l' altra di provare che bestia fosse l ’uomo, disse: or b e n e, c ome faremo? A cui colei rispose: tu vedi c h ’egli è in su la nona; io mi credo che le suore sien tutte a d o rm ire, se non noi ; guatiamo per l’ orto se persona ci è
  • in fino a qui ho fa tto , a tal venuto, che io non posso far n è poco nè molto ; e per­ ciò o voi mi lasciate andare con D io, o voi a questa cosa trovate m odo. La donna udendo costui p a rla re , il quale ella teneva m utolo, tutta stordì, e disse; che è
  • questo? io credeva che tu fossi m utolo. M adonna, disse M asetto, io era ben co sì, ma n o n per n a tu ra , anzi per una inferm ità che la fa­ vella mi to lse, e solamente da prim a que­ sta notte la m i sento essere re stitu ita : di che io lodo
Il_DecameronT1.jpg

Il Decameron, tome I

Auteur : Boccace (1313-1375)

Editeur : Ciardetti

Date : 1824

Sujets : Prose italienne -- 14e siècle

  • sotto Giovanni da Stra da, e mostrò fin da ll’infanzia mi gusto deciso per la poesia; ma appena ave va egli dieci an ni, che fu dal padre conse gnato ad un altro mercante per apprendere l a esso il commercio. Condotto da questo a Parigi qualche tem-po
  • ricca di notizie interessantissime e nuove. Tomo /. ■;Hit , «i' ' ; : ' • V *ßp * - • '• ' -'••• -vî'oV- '■ ’ „ li, ;-.r i*»ii il! •> ! • • / ' ili OJiì'.Mi: (' . ©J : : ..... . (.•; '• . » V (,(. J *,Y. . . -.5 >¡’»ì ■ ) y.i ; ' v
  • leggeranno, avve­ nissero yVi-on si poteva senza questa ratnmemorazion dimostrare , quasi da necessi­ tà costretto, a scriverle mi conduco. Dico adunque, che già erano gli anni della fruttifera Incarnazione del Figliuolo di Din al numero pervenuti di mille
  • cani medesimi fedelissi­ mi agli u o m in i , fuori delle proprie case c ac cia ti, per li c a m p i, dove ancora le bia­ de abbandonate e rano, sanza essere, non che raccolte , ma pur segate , come meglio piaceva loro, se n'andavano. È molti quast come
  • dir­ lo non mi togliesse , la quale è questa , che io non voglio che, per le raccontate cose da loro che seguono, e per l’ascoltate nel tem­ po avvenire, alcuna di loro possa prender, vergogna ,esseudo oggi alquanto le leggi ri­ strette al piacere,che
  • se medesima dubitare: nè di ciò mi maraviglio niente, ma maravigliomi forte , avvedendomi cia­ scuna di noi aver sentimento di donna, non prendersi per noi a quello, che ciascuna di voi meritamente teme, alcun compenso. Noi dimoriamo q u i, al parer m
  • , impaurisco, e quasi tutti i capelli addosso mi sento arricciare ; e parmi dovunque io vado o dimoro , per quella l’ombre di coloro che sono trapassa­ ti, vedere, e non con quegli visi che io so­ lava , ma con una vista orribile, non so donde in loro
  • nuovamente venuta, spaven­ ta r m i. Per le quali cose e qu i,.e fuor di qui, e t in casa mi sembra star male; e tan­ t o più ancora, quanto egli mi pare eh« niuna pe rsona, la quale abbia alcun polso, « dove possa andare, come noi abbiamo, ci IN T R O D U
  • insieme vi di­ sponete (ta n to d ico , quanto alla vostra dignità s' appartiene) o voi mi licenziate, che io per li miei pensier mi rito rni e IN TR O D U ZIO NE 55 steami nella città tribolata. A cui Pampi­ nea, non d ’altra maniera che se similmen­ te
  • bevitore grande, tanto che alcuna volta sconciamente gli facea noia. Giucatore, e mettitore di malvagi dadi era solenne. Perchè mi distendo io in tante pa­ role? Egli era il piggiore uomo che forse mai nascesse. La cui malizia lungo tempo sostenne la