Recherche

38 resultats
La_fiaccola_sotto.jpg

La fiaccola sotto il moggio : tragedia

Auteur : D'Annunzio, Gabriele (1863-1938)

Editeur : Fratelli Treves

Date : 1905

Sujets : Théâtre (genre littéraire) italien -- 20e siècle

  • mi tocchi. E lo sai. Non ho qui nella gola anch’ io la lividura e il gonfiore e la piaga, e la secchezza sempre ? Io non porto le stimate di Cristo, i segni della passione santa. Ma le stimate porto di quella carne che mi generò. E ne sanguino e
  • brucio. Non mi fu medicina il mio silenzio. Oggi fa l ’anno che mia madre cadde nella tagliuola orrenda, tratta fu all’ insidia impensata, presa fu dall'astuzia selvaggia nell’ordegno di morte... Ah, ecco il giorno! Oggi parlo, se il dubbio è verità. Si
  • solleva agitata. D on n a A l d e g r in a . O Gigliola, mio cuore, tenerezza e spina del cuor mio desolato, o Gigliola, Atto I. - Scena. II o tu piccola, sempre, pe ’ capelli miei bianchi, non mi fare paura, non m’affannare cosi ! D ’ improvviso
  • sa di d ove! Si può vivere in pace e avere gioia dalla piuma che cade, dal volo d ’una rondine... Sì, mi ricordo. Vedo ogni mattina Assunta delta Teve seduta su la sedia sua di paglia, laggiù nel vano detta sua finestra, che cuce le lenzuola, ed è
  • e g r in a . Oh perchè, se sei dolce, mi fai più pena ? Hai gli occhi asciutti; e sembra che ogni parola tua traversi un mare di pianto, prima d'arrivare a me. Sièditi. G ig l io l a . Sì. Ecco, mi siedo. Sono in pace. Appoggerò la. gota ai tuoi
  • ’ immondezza e glie la rigettava contro il viso... Mi ricordo. La vedo. 21 , D o n n a A l d e g r i n A. Ora il tuo capo pesa come il bronzo; ch'era cosi leggero! G ig l io l a . ePsa? Dimmi: perché mille pensieri insieme non hanno il peso d'un pensiero
  • a . Io, io farò. Fare bisogna, fare bisogna. Alzarmi debbo, restar diritta in piedi fino all’ora di coricarmi. Baciami la fronte. Mi bacerai a sera un’ altra volta. 24 LA FIACCOLA SOTTO IL MOGGIO Così. M ’alzo. Il coraggio non vacilla, S tanotte i
  • di quel vincolo fidecommissario, nella lite che abbiamo coi Mormile! B ertrando. Non divagare. Ti domando ancóra una volta : mi dai quella miseria? T ib a l d o . Ma se ti dico che non ho un tornesel Credimi. B ertrando. Tu mentisci. Non riscotesti
  • chi è che mi succhia, chi è che mi dissangua da v en t’anni senza tregua? B ertrando. Di tutto il mio ti sei impossessato con l ’usura. T ib a l d o . Quali erano i beni degli Acclozamòra? Bertrando. Incominciò tuo padre a spogliarci. T ib a l d o
  • addentare fino al sangue e all'osso, se non ricevi l ’offa. B ertrando. Non aizzare il mastino, Tibaldo. T ib a l d o . Che vuoi da m e? ch’io mi ti dia legato mani e piedi? vuoi darmi Atto I. - Scena. III 31 la sorte di Giovanna? seppellirmi v iv o
Il_DecameronT4.jpg

Il Decameron, tome IV

Auteur : Boccace (1313-1375)

Editeur : Ciardetti

Date : 1824

Sujets : Prose italienne -- 14e siècle

  • altro so­ spetto non prendesse e con lei si turbasse, diliberò del tutto di doversi levare e di far­ gli sentire che G ianni v ’ era, e disse al m a­ rito.- bene sta, tu d i’ tue parole tu ; io per me non mi terrò mai salva nè sicura , se noi non la
  • albergo e senza cena era rim aso. Ma una mia vicina, la quale è una donna molto vecchia, mi dice che l ' una e l'altra fu vera, secondo che ella aveva, essendo fanciulla, saputo; ma che l'ultim o non a Gianni L otterin gh i era avvenuto, ma ad uno che si
  • entrò nel doglio, e P ero ­ nella andata a ll’ uscio apri al m a rito , e 16 G IO R N A T A S E T T IM A con un m al viso disse : ora questa che nov ella è , che tu così tosto torni a casa sta­ m ane? per quello che mi paia vedere, tu non vuogli oggi
  • che filare, tanto che la carne mi s ’ è s piccata dall’ unghia , per potere almeno aver tanto olio che n ’ arda la nostra lu cer­ n a . M a rito , m arito , egli non ci ha vicina che non se ne m aravigli e che non facci belle di me di tanta fatica
  • , quanta é quella che io d u ro ;e tu mi torni acasa colle mani spen zolate, quando tu dovresti essere a la ­ vorare. E così detto,incom inciò a piagnere e t a d ird a capo:oim è, lassa me,dolente me, che ma l’ ora uacqui,in che mal puntoci ven­ n i! che
  • a ’ m ariti la luna per lo sole ; et io , misera m e, perchè aon buona e non attendo a cosi fatte n o velle, ho male e mula ventura : io N O V E L L A I I. 17 non so perchè io non mi pigli di questi am anti, come fanno 1*a ltr e . Intendi sana­ mente
  • che io non fui figliuola di donna da c iò , e tu mi torni a casa quando tu dei essere a lavorare. D isse il m arito: deh donna, non ti dar malinconia per D io , tu dei credere che io conosco chi tu se’ , e pure stamane me ne sono in parte avveduto
  • ; egli è il vero ch’ io andai per lavorare , ma egli mostra che tu nol sappi , come io medesimo noi sapeva, egli è oggi la festa di Santo G aleo­ ne, e non si la vo ra, e perciò mi sono tornato a questa ora a c asa : ma io ho nondimeno provveduto e
  • uomo.* fate sicuramente m eco, che io son suo m arito. Disse allora G ian n ello: il doglio ini par ben sald o , ma egli mi pare che voi ci ab ­ biate tenuta entro feccia , che egli è Lutto i mpastriccialo di non so che cosa sì secca, N O V E L L A II
  • fra te , et io che son men p a­ rente di vostro figliuolo, che non è vostro marito , cosi mi debbo poter giacere con voi, come vostro m arito . L a donna, che loica non sap ev a, e di piccola levatura aveva bisogno , o credette o fece vista di credere
Il_DecameronT2.jpg

Il Decameron, tome II

Auteur : Boccace (1313-1375)

Editeur : Ciardetti

Date : 1824

Sujets : Prose italienne -- 14e siècle

  • , tolga­ no del tutto a' lavoratori della terra i concupisce voli app etiti, e rendan loro d ’ i n ­ telletto e d'avvedim ento grossissimi . Ma quanto tu tti coloro che cosi credono sieno ingannati, mi piace, poiché la Reina co­ m andato me l ’ha, non
  • legne , attigneva acqua, e faceva cotali a ltri servi getti ; ma le donne mi davano si poco salaro, che io non ne poteva pure appena pagare i calza­ ri . E t oltre a questo elle son tutte giova­ n i, e parmi c h ’ elle abbiano il Diavolo in corpo, che
  • non si può far cosa ninna al lor modo ; anzi, quand’ io lavorava alcuna vol­ ta l’ orto, 1' una diceva, pon qui questo , e l’altra pon qui quello, e l’altra mi toglieva la zappa di mano e diceva, questo non sta bene, e davanmi tanta seccaggine, che io
  • lasciava stare il lavorio, et uscivam i del­ l’orto: si che tra per l' una cosa e per l ’a l­ tra io non vi volli star più, e son mene ve­ nu to . A nzi mi pregò il castaldo loro, quando io me ne venni , che se io n ' avessi alcuno alle mani che fosse da c
  • divisate seco, im aginò: il luogo è assai lontano di qui, e ninno mi vi conosce ; se io so far vista d ’ esser mutolo , per certo io vi sarò ricevuto. E t in questa imaginazione ferm atosi, con una sua scure in collo, senza dire ad alcuno dove s’ an­ dasse
  • , e seco lieto diceva: se voi mi m ettete costà en­ tro , io vi lavorrò si l ’orto, che m ai non v i fa così lavorato. O ra avendo il castaldo ve­ duto che egli ottim am ente sapea lavorare, e con cenni domandatolo se egli voleva star q u iv i, e
  • era , e lu i, che sem biante facea di dorm ire, com inciarono a riguardare. Per che l’ una , che alquanto era più baldanzosa, disse a ll’ altra: se io credessi che tu mi tenessi credenza, io ti direi un pensiero che io ho avuto più vol­ te, il quale
  • maggior vo­ glia che l' altra di provare che bestia fosse l ’uomo, disse: or b e n e, c ome faremo? A cui colei rispose: tu vedi c h ’egli è in su la nona; io mi credo che le suore sien tutte a d o rm ire, se non noi ; guatiamo per l’ orto se persona ci è
  • in fino a qui ho fa tto , a tal venuto, che io non posso far n è poco nè molto ; e per­ ciò o voi mi lasciate andare con D io, o voi a questa cosa trovate m odo. La donna udendo costui p a rla re , il quale ella teneva m utolo, tutta stordì, e disse; che è
  • questo? io credeva che tu fossi m utolo. M adonna, disse M asetto, io era ben co sì, ma n o n per n a tu ra , anzi per una inferm ità che la fa­ vella mi to lse, e solamente da prim a que­ sta notte la m i sento essere re stitu ita : di che io lodo
Il_DecameronT1.jpg

Il Decameron, tome I

Auteur : Boccace (1313-1375)

Editeur : Ciardetti

Date : 1824

Sujets : Prose italienne -- 14e siècle

  • sotto Giovanni da Stra da, e mostrò fin da ll’infanzia mi gusto deciso per la poesia; ma appena ave va egli dieci an ni, che fu dal padre conse gnato ad un altro mercante per apprendere l a esso il commercio. Condotto da questo a Parigi qualche tem-po
  • ricca di notizie interessantissime e nuove. Tomo /. ■;Hit , «i' ' ; : ' • V *ßp * - • '• ' -'••• -vî'oV- '■ ’ „ li, ;-.r i*»ii il! •> ! • • / ' ili OJiì'.Mi: (' . ©J : : ..... . (.•; '• . » V (,(. J *,Y. . . -.5 >¡’»ì ■ ) y.i ; ' v
  • leggeranno, avve­ nissero yVi-on si poteva senza questa ratnmemorazion dimostrare , quasi da necessi­ tà costretto, a scriverle mi conduco. Dico adunque, che già erano gli anni della fruttifera Incarnazione del Figliuolo di Din al numero pervenuti di mille
  • cani medesimi fedelissi­ mi agli u o m in i , fuori delle proprie case c ac cia ti, per li c a m p i, dove ancora le bia­ de abbandonate e rano, sanza essere, non che raccolte , ma pur segate , come meglio piaceva loro, se n'andavano. È molti quast come
  • dir­ lo non mi togliesse , la quale è questa , che io non voglio che, per le raccontate cose da loro che seguono, e per l’ascoltate nel tem­ po avvenire, alcuna di loro possa prender, vergogna ,esseudo oggi alquanto le leggi ri­ strette al piacere,che
  • se medesima dubitare: nè di ciò mi maraviglio niente, ma maravigliomi forte , avvedendomi cia­ scuna di noi aver sentimento di donna, non prendersi per noi a quello, che ciascuna di voi meritamente teme, alcun compenso. Noi dimoriamo q u i, al parer m
  • , impaurisco, e quasi tutti i capelli addosso mi sento arricciare ; e parmi dovunque io vado o dimoro , per quella l’ombre di coloro che sono trapassa­ ti, vedere, e non con quegli visi che io so­ lava , ma con una vista orribile, non so donde in loro
  • nuovamente venuta, spaven­ ta r m i. Per le quali cose e qu i,.e fuor di qui, e t in casa mi sembra star male; e tan­ t o più ancora, quanto egli mi pare eh« niuna pe rsona, la quale abbia alcun polso, « dove possa andare, come noi abbiamo, ci IN T R O D U
  • insieme vi di­ sponete (ta n to d ico , quanto alla vostra dignità s' appartiene) o voi mi licenziate, che io per li miei pensier mi rito rni e IN TR O D U ZIO NE 55 steami nella città tribolata. A cui Pampi­ nea, non d ’altra maniera che se similmen­ te
  • bevitore grande, tanto che alcuna volta sconciamente gli facea noia. Giucatore, e mettitore di malvagi dadi era solenne. Perchè mi distendo io in tante pa­ role? Egli era il piggiore uomo che forse mai nascesse. La cui malizia lungo tempo sostenne la
Il_DecameronT3.jpg

Il Decameron, tome III

Auteur : Boccace (1313-1375)

Editeur : Ciardetti

Date : 1824

Sujets : Prose italienne -- 14e siècle

  • principio a così lieta giornata come questa s a r à , per dovere essere da me rac­ contate mi si paran davan ti: delle quali una più n ell’ animo me ne piace, perciò che per quella potrete comprendere non solamente il felice fine per lo quale a ra gionare
  • abbattea . Il che vedendo i Rodiani, gittando in terra l 'arm i, quasi ad una voce tutti si confessaron p rigio n i. A lli quali Cimon disse: gio­ vani uom ini, nè vaghezza di preda, nè odio che io abbia contra di v o i , mi fece partir di C ipri a dovervi
  • in mezzo mare con a r­ mata mano assalire. Quello che mi mosse è a me grandissima cosa ad aver acquistata, et a voi è assai leggiere a concederla mi con pace , e ciò è Efigenia da me sopra ogn' a l­ tra cosa am ata, la quale non potendo io a vere dal padre
  • terzo dì le novelle spose entreranno prim ieram ente nelle case de’ lor m ariti , nelle quali tu co’ tuoi compagni arm ato, e con alquanti miei ne’ quali io mi fido assai, in su ’ l far della sera entrerrem o, e quelle del mezzo de' conviti rapite, ad
  • udendo che il Re di T u n isi faceva grandissimo sforzo a sua difesa, disse ad un di quegli li quali lui e’ suoi compagni guardavano: se io potessi parlare al Re , e’ mi dà il cuore che io gli darei un con siglio , per Io quale egli vincerebbe la guerra
  • ho bene,in altro tempo che io in que­ ste vostre contrade usato sono, alla manie­ ra la qual tenete nelle vostre battaglie po­ sto mente, mi pare che più con arcieri che con altro quelle facciate; e p e rc iò , ove si trovasse modo che agli arcieri
  • del vostro avversario mancasse il saettam ento, e’ vo­ stri n ’avessero abbondevolmente, io avviso che la vostra battaglia si vincerebbe. A cui il Re disse.' senza du b b io, se cotesto si potesse fare, io mi crederrei esser vincitore. A l quale M
  • propo­ s ito , mi piace di racco n tarla. In R o m a , la q u ale, come è oggi coda , cosi già fu capo del mondo, fu un giovane, poco tempo fa, chiam ato Pietro Boccamaz­ za , di fam iglia tra le romane assai onore­ vole, il quale s’ innamorò d ’ una
  • che Pietro tu non s a i , tu dimorerai qui meco infino a tanto che fatto mi verrà d i potertene sicuramente mandare a Roma . Pietro stando sopra la quercia quanto più doloroso esser potea, vide in su ’ l primo sonno venir ben venti lu p i, li quali
  • rispose : se quivi ti dà il cuore di venire , io mi credo ben far sì che fatto m i verrà di dorm irvi. Ricciardo disse di s ì . E questo d etto , una volta sola si basciarono alla sfuggita , et andar via. Il dì seguente , essendo già vicino alla-fine di m
Jacopo_Corbinelli_et_les_érudits_français.jpg

Jacopo Corbinelli et les érudits français d'après la correspondance inédite Corbinelli-Pinelli (1566-1587)

Auteur : Calderini De-Marchi, Rita

Editeur : Ulrico Hoepli

Date : 1914

Sujets : Corbinelli, Jacopo (1568-1580) | Pinelli, Giovanni Vincenzo (1535-1601)

  • e -lib r a io d e lla R e a l C asa MI LANO 1914 Scuola Tipo·Litografica « Figli della Provvidenza » — Milano. A VITTORIO IN MEMORIA DELLA MAMMA 19 giugno 1914. Questo studio l'Autrice presentava nel 1909, quale tesi di diploma, alla fine
  • al t empo d ella R egina Ca­ t erin a de’ Medici » (Voy. APOSTOLO Z ENO, Lettere, Venezia 1785, II , pag. 241). E t le 11 avril 1716 (Oeuvr. cit., II , pages 328 e 329 ): « Nè meno g rate mi sono s ta te q u elle (les notices) che riguardano il famoso
  • e legge nella Fisica di P a o l o DEL R OSSO a riguardo che non mi è mai avv enu to di poter vedere quel libro, dal q u a le mi vien fat t a ragione circa il p o rre il Corbinelli fra i Poeti Ita lia n i a riguardo del sonetto che quivi si legge di
  • ) : « Mi occorre pregarla di singolar favore ; ed è che dal Codice delle R ime raccolte d a Chirico S trozzi esisten ti cost ì nella L ibreria di S. Agostino, mi faccia tr ascrivere le poche rim e di Jacopo Corbinelli scritte al Cavalier F ra Paolo del R
  • osso ». E t d e Salvino Salvini aussi il recev a it d es notices sur Jacq u es Corbinelli : « Se m pre p iù ella mi v a obbligando e instruendo con trasm etterm i notizie pellegrine e ben fondate intorno a Jacopo Corbinelli» (vol. I I , Etudes de
  • eux une solide amitié de longue date. C orbinelli à et à P a ris . L yon Vers le commencement de 1566 Corbi­ nelli passe donc en France (1) ; le 10 février 1566, il est à Lyon. Il écrit alors à son ami : « Io mi parto in questo punto per la corte
  • connaître au plus tôt quels sont en­ core les livres que celui-ci désire, car : « Non so s ’io mi fermerò qua ancora qualche settimana o se pur mi converrà andar randagio : le cose vanno in un certo modo che io non so più nulla et mi conviene vivere tanto
  • iannotti perchè n ’è delle bugie. Il Bruto sì , perchè dice esser ancora bugiardo nelle scrit­ ture sue più im portanti e t m olto n egligen te . Lo stile et la elocutione mi persuade vera l’op[inio]ne del Bruto: m e ne informerò ancor m eglio d a m ess
  • tre su rvenue les prem iers jours d e l’an, car Corbinelli dan s une le t tr e d u 19 ja n v ie r 1573 (Cod. I, f. 164) p a ra ît d é jà au couran t d e ce t t e nouvelle. Il é crit à Pinelli : « E t mi re sta v a a condolerm i con t u tti gli am ici
  • infi­ delitates amicorum, son pazze cose et mi fanno dimen­ ticare tutti gli stili dell’hermeneja et le nostre solite gratie ». M ariag e de C h arles IX (1570). C’est l’époque du mariage du roi et la cour est plus animée que jamais (3) : « Le feste
Extraits_de_Boccace_italien.jpg

Extraits de Boccace (en italien)

Auteur : Boccace (1313-1375)

Editeur : Garnier Frères

Date : 1901

Sujets : Boccace (1313-1375) -- Critique et interprétation

  • h is to riq u e s, tels (¡uido Cavalcanti, le p oète am i de Dante, Giotto, le r é n o v a t e u r de la p e in t u r e ita­ lien n e, et bien d 'a u tr e s e n c o r e 1. De tous ces é lé m e n ts h a b ile m e n t mis en œ u vre, Boccace a com posé
  • ran pezza « Di bosco in bosco, credendo p ig lia rla ; « Ma ella tosto de’ m onti l'altezza « P rese, p e rc h ’io di più p e rse g u ita rla « Sì mi rim a s i4 con m olta gram ezza; « E in cuor mi posi d ’ancor ritrovarla « li con più agio seg u irla
  • a ltra volta. « Cosi a casa tornandom i d iò s volta. « Io mi levai s tam ane; a dire il vero, « V eggendo il tempo bel, m i ricordai « Della cerb ietta, e vennemi in pensiero « Di lei cercare, e m i d e lib e ra i6. « Così mi m isi su p er un sentiero
  • « C h e 7 non m ’accorsi c h ’io mi ritro v ai « « « « « « « 1. C o r b io tta : d im in u tif de cerbia pour cerva, uno biche. ‘2. C ette com paraison avec une grue, qui nous paraît peu gracieuse, n’a d ’autre but que d ’ex p rim er la légèreté de
  • il poggio, quando di già era « A mezzo il ciel colla lucente sp era 1. « Q uando sentii e vidi m enar foglie « Di freschi q uerciolet ti, o nd’io più p re sso « Mi feci a lq u a n to 2, dietro alcune sc o g lie 3 « T acitam ente p er veder fui m esso
  • 1 : « Vidi tre cerb ie 3 g ir con p ari voglie, « l/e r b e p ascendo; perchè fra me stesso « A vvisando p ig liarn e una, pian piano « V er lor n ’andai con un po’ d ’erba in m a n o 0. « Ma com ’elle mi v id o n 7, si fuggirò « S u s o 8 al monte
  • tolse la notte venuta. « O r sai della mia s ta n z a " la cagione, « O caro p ad re, e di questo sii certo. » 1. S p e r a : form e ancienne e t po étiq u e pour afera. 2. La proposition and' io più pre/tuo mi feci alquanto doit être expliqu ée com m e
  • une sorte de paren thèse, rattachée à la phrase par la conjonction e x p lic a tiv e onde. 3. S c o g lie : rochers. 4. F u i m o sso : mi mis i. 5. C e r b io : voir ci-dessus, v .2 6 e t la note. lî. Détail naïf e t plein de grâce. 7. V id o n
  • fa lupo rapace La m isera e dolente p eco rella; « Mu sì come colei che più mi piace S o p r’ogni cosa, o sia quanto vuol b e lla 4. T u se ’ la mia speranza e'1 mio disio, li se tu a v e s s i8 m al, sì l'arei io. ■< Se tu m ’asp etti “, o M ensola
  • Celle qui as . « T u se’ colei che s o l 1 mi guidi e re g g i, « T u s o la la mia v ita s ig n o re g g i2! » Sans é c o u te r les a r d e n t e s p r i è r e s d u j e u n e h o m m e , Mensola fuit to u jo u rs (I b i d st. 38 et suiv.). E nella
LItalia_nella_letteratura_francese.jpg

L'Italia nella letteratura francese dalla morte di Enrico IV alla rivoluzione. Tome II.

Auteur : Del Balzo, Carlo (1853-1908)

Editeur : Soc. Tipo Ed. Nazionale

Date : 1907

Sujets : Littérature française -- Thèmes, motifs | Italie -- Dans la littérature

  • , o fingendo di piangere, a dire dei malevoli, poco commossa, esclamò al cancelliere De Silleri nel quale per caso s ’imbattè : Il re è morto. — Signora, rispose quel magistrato, vostra maestà mi perdonerà : i re non muoiono punto in Francia. — Questa
  • monarchia, e in­ sieme aveva assai ben fatto gli interessi suoi. Maria lo fece nominare cardinale. Nel ricevere la porpora, dicesi che ei la deponesse ai piedi di lei, umilmente : — Signora, questa porpora, che io debbo alla maestà vostra, mi farà sempre
  • antique Un rossignol disputa S u r ut ré mi fa so lla Avec la belle Angelique Mais le rossignol perdit A u x doux sons qu’elle épandit. » Mentre cosi si divertivano all 'H ôtel Rambouillet, nuova guerra scoppiava in Italia per la successione del ducato
  • collaterali. Richelieu consiglia Luigi X II I a sostenere le ragioni del Nevres, sempre pronto a mi( 1) Mémoires de t’abbéArnauld, collection Michaud et Paujolat, Tom. X X X III. , schiarsi nelle cose italiane, col segreto proponimento di impadronirsi
Bibliografia_dantesca_T2.jpg

Bibliografia dantesca. Tome II.

Auteur : Colomb de Batines, Paul (1811-1855)

Editeur : Tipografia Aldina

Date : 1845

Sujets : Dante Alighieri (1265-1321) -- Bibliographie| Dante Alighieri (1265-1321) -- Divina commedia

  • mi sento tanto dotto nè tanto superbo da tenermi infallibile, era del tutto apparecchiato, da quel povero bibliografo che sono, a chinare il capo dinanzi ad u n ’ affermazione di pregialo filologo; ma essendo l’ argomento principale adoperato dal mio
  • opinione sopra 1’ Ottimo mi fruttò la Postilla se­ guente pubblicala dal sig. A. T. a fac. 129 degli Studi inediti su Dante ( Firenze, Agenzia libraria, 1845, in 8. ) , raccolta in cui fu ristampata la mia dissertazione con alcune aggiunte (1). Ecco
  • antico Comentatore conosciuto del Poema di Dante : e certo a questo ragionamento non si può apporre. Ma v’ ha una leggiera difficoltà ; e per costringere il sig. A. T. a darsi per vinto mi basta opporgli che la caduta del Ponte Vecchio di Firenze non
  • Div. Com . , il quale non è giunto fino a n o i, o almeno non è nolo. Ecco du nque, o Signore, due, se non tre, Comentatori in ­ dubitatamente anteriori a quello dell’ O ttimo, il cui autore scriveva soltanto nel 1334. Ora non mi opponga il sig. A. T
  • Biblioteche Fiorentine altri sette, i quali contengono tutti letteralmente i medesimi luoghi, non in m ar­ gine, ma ben inclusi nel corpo del Comento, e che tutti questi Co­ dici provengono da diversi copisti, e quasi tutti da copie diverse. Mi sarei
  • sua patria nel 1334, è chiaro che la composizione e l'in v io di esso scritto sono anteriori al 1334. Inoltre notiamo che il Compilatore del VOttimo citando il Comento di lui dice sempre II Cancelliere di Bologna. (2) Questa data è traila da mi
  • solamente le congetture, ma anche i fatti su che mi fondo per perseverare nella opinione da me esposta intorno al Comento dell’ Ottimo , di cui il sig. Cerotti sottobibliotecario della Corsiniana darà in breve alla luce una buona edizione, collazionata con
  • dell’ inferno Annotazioni marginali che mi parvero della stessa mano; esse appartengono al Comento attribuito a Jacopo della Lana. Vedi la fac. 601 del primo tomo. Il Codice finisce col Credo di Dante. Bandini, V. 38-39 ; — Montfaucon, fac. 320, che lo
La_torche_sous_le_boisseau_annunzio.jpg

La torche sous le boisseau

Auteur : D'Annunzio, Gabriele (1863-1938)

Editeur : Calmann-Lévy

Date : 1928

Sujets : Théâtre (genre littéraire) italien -- 20e siècle -- Traductions françaises

  • * (ÉIHTIOIX* UALZAC) *== » LA SOUS TORCHE LE Re pr é s e n t é e BOISSEAU pour la p r e mi è r e fois s ur la s cène do la Comédie- française, le 7 Dé c e mbr e 1927. CHORUS « A p â tra v T i 7ta0£iv *», tpiyéptov (xOÔoç xàôe qptoveî
  • ébranle de fond en comble la maison. Il va m e la démolir ! Benedetta, ne vois-tu pas que s’élargit la fente, là, dans la travée? E t l’on n’a pas encore mis la clé ! Ce Maître Domenico di Pace ne viendra donc jam ais? Veut-il notre m ort? BENEDETTA. Il
  • . Ne dem ande pas! Regarde ses yeux. LA TORCHE SOUS LE BOISSEAU G I G L I O L A , d o mi n a n t s ouda i n s on a ngoi s s e , t a ndi s que l a vi si on s ét ei nt e nt r e ses cils. Je suis folle. Voilà ce que tu veux dire, nourrice? J ’ai la
  • un ducat ? Il sort. DONNA ALDEGRINA. Attends ! Écoute ta mère. Je t’en supplie! Elle s ui t son fils, qui ne se ret ourne pas. SCÈNE TIBA LD O DE SANGR O V r es t e a s s i s , a u milieu des pa r c h e mi n s , t ête ba ss e , e n c o r e t
  • r e ga r d la nourrice qui s' en v a silencieuse­ me nt , e t mont e dans l' ombre do l’escalier. Pui s elle s’a pproche de son père, e t s a voix tremble. Père, c’est moi. Il n ’y a plus personne. Je suis seule avec toi. Il se lève, t i mi de me nt
  • l’obliquité que depuis j ’ai revue mille fois, le masque convulsé que t’a mis cette femme et que tu ne peux t’arrach er... TI BALDO. Mais le vois-tu? ici? l’ai-je donc ici? Q uand je pleure, ne se fend-il pas? Mais qui t’a faite si cruelle? Qui t’a changée
  • . Pense que le jo u r où tu me mis au monde ne compte plus; mais que ce jour-ci compte pour mon éternité, si tu m’aides. DO NNA Comment t’aiderai-je? Nous parlons ALDEGRINA. LA TORCHE SOUS LE BOISSEAU pour couvrir la clam eur qui est au fond de
  • su r sa poitrine ce pauvre en fa n t... secrètem ent rongé... Est-ce possible? Non, non, c’est impossible. Trop grande serait l’infamie ! TIBALDO. Oh! oh! Pourquoi suis-je né? Mère, pourquoi m ’as-tu mis au m onde? Voilà ce que tu me réservais, à
  • pleurant, eu te tordant par terre, quand je voulais m’en a lle r; tu m 'as prise aux genoux; tu as mis ta face dans la poussière pour que je pose mon talon sur ta nuque. LA TORCHE SOUS LE BOISSEAU TIBALDO. E t que tu me reproches les hontes, et que
  • tu me rappelles les lâchetés, à présent, q u ’im porte? J ’ai relevé la tête. T u le vois. ANGIZIA. O ui, pas pour longtemps. P our te m ontrer à ceux-là qui t’excitent contre moi. T out à l’heure, tu t’es mis le m asque de l’homme fort devant ta