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La fiaccola sotto il moggio : tragedia
Editeur : Fratelli Treves
Date : 1905
Sujets : Théâtre (genre littéraire) italien -- 20e siècle
- mi tocchi. E lo sai. Non ho qui nella gola anch’ io la lividura e il gonfiore e la piaga, e la secchezza sempre ? Io non porto le stimate di Cristo, i segni della passione santa. Ma le stimate porto di quella carne che mi generò. E ne sanguino e
- brucio. Non mi fu medicina il mio silenzio. Oggi fa l ’anno che mia madre cadde nella tagliuola orrenda, tratta fu all’ insidia impensata, presa fu dall'astuzia selvaggia nell’ordegno di morte... Ah, ecco il giorno! Oggi parlo, se il dubbio è verità. Si
- solleva agitata. D on n a A l d e g r in a . O Gigliola, mio cuore, tenerezza e spina del cuor mio desolato, o Gigliola, Atto I. - Scena. II o tu piccola, sempre, pe ’ capelli miei bianchi, non mi fare paura, non m’affannare cosi ! D ’ improvviso
- sa di d ove! Si può vivere in pace e avere gioia dalla piuma che cade, dal volo d ’una rondine... Sì, mi ricordo. Vedo ogni mattina Assunta delta Teve seduta su la sedia sua di paglia, laggiù nel vano detta sua finestra, che cuce le lenzuola, ed è
- e g r in a . Oh perchè, se sei dolce, mi fai più pena ? Hai gli occhi asciutti; e sembra che ogni parola tua traversi un mare di pianto, prima d'arrivare a me. Sièditi. G ig l io l a . Sì. Ecco, mi siedo. Sono in pace. Appoggerò la. gota ai tuoi
- ’ immondezza e glie la rigettava contro il viso... Mi ricordo. La vedo. 21 , D o n n a A l d e g r i n A. Ora il tuo capo pesa come il bronzo; ch'era cosi leggero! G ig l io l a . ePsa? Dimmi: perché mille pensieri insieme non hanno il peso d'un pensiero
- a . Io, io farò. Fare bisogna, fare bisogna. Alzarmi debbo, restar diritta in piedi fino all’ora di coricarmi. Baciami la fronte. Mi bacerai a sera un’ altra volta. 24 LA FIACCOLA SOTTO IL MOGGIO Così. M ’alzo. Il coraggio non vacilla, S tanotte i
- di quel vincolo fidecommissario, nella lite che abbiamo coi Mormile! B ertrando. Non divagare. Ti domando ancóra una volta : mi dai quella miseria? T ib a l d o . Ma se ti dico che non ho un tornesel Credimi. B ertrando. Tu mentisci. Non riscotesti
- chi è che mi succhia, chi è che mi dissangua da v en t’anni senza tregua? B ertrando. Di tutto il mio ti sei impossessato con l ’usura. T ib a l d o . Quali erano i beni degli Acclozamòra? Bertrando. Incominciò tuo padre a spogliarci. T ib a l d o
- addentare fino al sangue e all'osso, se non ricevi l ’offa. B ertrando. Non aizzare il mastino, Tibaldo. T ib a l d o . Che vuoi da m e? ch’io mi ti dia legato mani e piedi? vuoi darmi Atto I. - Scena. III 31 la sorte di Giovanna? seppellirmi v iv o
Il Decameron, tome IV
Editeur : Ciardetti
Date : 1824
Sujets : Prose italienne -- 14e siècle
- altro so spetto non prendesse e con lei si turbasse, diliberò del tutto di doversi levare e di far gli sentire che G ianni v ’ era, e disse al m a rito.- bene sta, tu d i’ tue parole tu ; io per me non mi terrò mai salva nè sicura , se noi non la
- albergo e senza cena era rim aso. Ma una mia vicina, la quale è una donna molto vecchia, mi dice che l ' una e l'altra fu vera, secondo che ella aveva, essendo fanciulla, saputo; ma che l'ultim o non a Gianni L otterin gh i era avvenuto, ma ad uno che si
- entrò nel doglio, e P ero nella andata a ll’ uscio apri al m a rito , e 16 G IO R N A T A S E T T IM A con un m al viso disse : ora questa che nov ella è , che tu così tosto torni a casa sta m ane? per quello che mi paia vedere, tu non vuogli oggi
- che filare, tanto che la carne mi s ’ è s piccata dall’ unghia , per potere almeno aver tanto olio che n ’ arda la nostra lu cer n a . M a rito , m arito , egli non ci ha vicina che non se ne m aravigli e che non facci belle di me di tanta fatica
- , quanta é quella che io d u ro ;e tu mi torni acasa colle mani spen zolate, quando tu dovresti essere a la vorare. E così detto,incom inciò a piagnere e t a d ird a capo:oim è, lassa me,dolente me, che ma l’ ora uacqui,in che mal puntoci ven n i! che
- a ’ m ariti la luna per lo sole ; et io , misera m e, perchè aon buona e non attendo a cosi fatte n o velle, ho male e mula ventura : io N O V E L L A I I. 17 non so perchè io non mi pigli di questi am anti, come fanno 1*a ltr e . Intendi sana mente
- che io non fui figliuola di donna da c iò , e tu mi torni a casa quando tu dei essere a lavorare. D isse il m arito: deh donna, non ti dar malinconia per D io , tu dei credere che io conosco chi tu se’ , e pure stamane me ne sono in parte avveduto
- ; egli è il vero ch’ io andai per lavorare , ma egli mostra che tu nol sappi , come io medesimo noi sapeva, egli è oggi la festa di Santo G aleo ne, e non si la vo ra, e perciò mi sono tornato a questa ora a c asa : ma io ho nondimeno provveduto e
- uomo.* fate sicuramente m eco, che io son suo m arito. Disse allora G ian n ello: il doglio ini par ben sald o , ma egli mi pare che voi ci ab biate tenuta entro feccia , che egli è Lutto i mpastriccialo di non so che cosa sì secca, N O V E L L A II
- fra te , et io che son men p a rente di vostro figliuolo, che non è vostro marito , cosi mi debbo poter giacere con voi, come vostro m arito . L a donna, che loica non sap ev a, e di piccola levatura aveva bisogno , o credette o fece vista di credere
Il Decameron, tome II
Editeur : Ciardetti
Date : 1824
Sujets : Prose italienne -- 14e siècle
- , tolga no del tutto a' lavoratori della terra i concupisce voli app etiti, e rendan loro d ’ i n telletto e d'avvedim ento grossissimi . Ma quanto tu tti coloro che cosi credono sieno ingannati, mi piace, poiché la Reina co m andato me l ’ha, non
- legne , attigneva acqua, e faceva cotali a ltri servi getti ; ma le donne mi davano si poco salaro, che io non ne poteva pure appena pagare i calza ri . E t oltre a questo elle son tutte giova n i, e parmi c h ’ elle abbiano il Diavolo in corpo, che
- non si può far cosa ninna al lor modo ; anzi, quand’ io lavorava alcuna vol ta l’ orto, 1' una diceva, pon qui questo , e l’altra pon qui quello, e l’altra mi toglieva la zappa di mano e diceva, questo non sta bene, e davanmi tanta seccaggine, che io
- lasciava stare il lavorio, et uscivam i del l’orto: si che tra per l' una cosa e per l ’a l tra io non vi volli star più, e son mene ve nu to . A nzi mi pregò il castaldo loro, quando io me ne venni , che se io n ' avessi alcuno alle mani che fosse da c
- divisate seco, im aginò: il luogo è assai lontano di qui, e ninno mi vi conosce ; se io so far vista d ’ esser mutolo , per certo io vi sarò ricevuto. E t in questa imaginazione ferm atosi, con una sua scure in collo, senza dire ad alcuno dove s’ an dasse
- , e seco lieto diceva: se voi mi m ettete costà en tro , io vi lavorrò si l ’orto, che m ai non v i fa così lavorato. O ra avendo il castaldo ve duto che egli ottim am ente sapea lavorare, e con cenni domandatolo se egli voleva star q u iv i, e
- era , e lu i, che sem biante facea di dorm ire, com inciarono a riguardare. Per che l’ una , che alquanto era più baldanzosa, disse a ll’ altra: se io credessi che tu mi tenessi credenza, io ti direi un pensiero che io ho avuto più vol te, il quale
- maggior vo glia che l' altra di provare che bestia fosse l ’uomo, disse: or b e n e, c ome faremo? A cui colei rispose: tu vedi c h ’egli è in su la nona; io mi credo che le suore sien tutte a d o rm ire, se non noi ; guatiamo per l’ orto se persona ci è
- in fino a qui ho fa tto , a tal venuto, che io non posso far n è poco nè molto ; e per ciò o voi mi lasciate andare con D io, o voi a questa cosa trovate m odo. La donna udendo costui p a rla re , il quale ella teneva m utolo, tutta stordì, e disse; che è
- questo? io credeva che tu fossi m utolo. M adonna, disse M asetto, io era ben co sì, ma n o n per n a tu ra , anzi per una inferm ità che la fa vella mi to lse, e solamente da prim a que sta notte la m i sento essere re stitu ita : di che io lodo
Il Decameron, tome I
Editeur : Ciardetti
Date : 1824
Sujets : Prose italienne -- 14e siècle
- sotto Giovanni da Stra da, e mostrò fin da ll’infanzia mi gusto deciso per la poesia; ma appena ave va egli dieci an ni, che fu dal padre conse gnato ad un altro mercante per apprendere l a esso il commercio. Condotto da questo a Parigi qualche tem-po
- ricca di notizie interessantissime e nuove. Tomo /. ■;Hit , «i' ' ; : ' • V *ßp * - • '• ' -'••• -vî'oV- '■ ’ „ li, ;-.r i*»ii il! •> ! • • / ' ili OJiì'.Mi: (' . ©J : : ..... . (.•; '• . » V (,(. J *,Y. . . -.5 >¡’»ì ■ ) y.i ; ' v
- leggeranno, avve nissero yVi-on si poteva senza questa ratnmemorazion dimostrare , quasi da necessi tà costretto, a scriverle mi conduco. Dico adunque, che già erano gli anni della fruttifera Incarnazione del Figliuolo di Din al numero pervenuti di mille
- cani medesimi fedelissi mi agli u o m in i , fuori delle proprie case c ac cia ti, per li c a m p i, dove ancora le bia de abbandonate e rano, sanza essere, non che raccolte , ma pur segate , come meglio piaceva loro, se n'andavano. È molti quast come
- dir lo non mi togliesse , la quale è questa , che io non voglio che, per le raccontate cose da loro che seguono, e per l’ascoltate nel tem po avvenire, alcuna di loro possa prender, vergogna ,esseudo oggi alquanto le leggi ri strette al piacere,che
- se medesima dubitare: nè di ciò mi maraviglio niente, ma maravigliomi forte , avvedendomi cia scuna di noi aver sentimento di donna, non prendersi per noi a quello, che ciascuna di voi meritamente teme, alcun compenso. Noi dimoriamo q u i, al parer m
- , impaurisco, e quasi tutti i capelli addosso mi sento arricciare ; e parmi dovunque io vado o dimoro , per quella l’ombre di coloro che sono trapassa ti, vedere, e non con quegli visi che io so lava , ma con una vista orribile, non so donde in loro
- nuovamente venuta, spaven ta r m i. Per le quali cose e qu i,.e fuor di qui, e t in casa mi sembra star male; e tan t o più ancora, quanto egli mi pare eh« niuna pe rsona, la quale abbia alcun polso, « dove possa andare, come noi abbiamo, ci IN T R O D U
- insieme vi di sponete (ta n to d ico , quanto alla vostra dignità s' appartiene) o voi mi licenziate, che io per li miei pensier mi rito rni e IN TR O D U ZIO NE 55 steami nella città tribolata. A cui Pampi nea, non d ’altra maniera che se similmen te
- bevitore grande, tanto che alcuna volta sconciamente gli facea noia. Giucatore, e mettitore di malvagi dadi era solenne. Perchè mi distendo io in tante pa role? Egli era il piggiore uomo che forse mai nascesse. La cui malizia lungo tempo sostenne la
Il Decameron, tome III
Editeur : Ciardetti
Date : 1824
Sujets : Prose italienne -- 14e siècle
- principio a così lieta giornata come questa s a r à , per dovere essere da me rac contate mi si paran davan ti: delle quali una più n ell’ animo me ne piace, perciò che per quella potrete comprendere non solamente il felice fine per lo quale a ra gionare
- abbattea . Il che vedendo i Rodiani, gittando in terra l 'arm i, quasi ad una voce tutti si confessaron p rigio n i. A lli quali Cimon disse: gio vani uom ini, nè vaghezza di preda, nè odio che io abbia contra di v o i , mi fece partir di C ipri a dovervi
- in mezzo mare con a r mata mano assalire. Quello che mi mosse è a me grandissima cosa ad aver acquistata, et a voi è assai leggiere a concederla mi con pace , e ciò è Efigenia da me sopra ogn' a l tra cosa am ata, la quale non potendo io a vere dal padre
- terzo dì le novelle spose entreranno prim ieram ente nelle case de’ lor m ariti , nelle quali tu co’ tuoi compagni arm ato, e con alquanti miei ne’ quali io mi fido assai, in su ’ l far della sera entrerrem o, e quelle del mezzo de' conviti rapite, ad
- udendo che il Re di T u n isi faceva grandissimo sforzo a sua difesa, disse ad un di quegli li quali lui e’ suoi compagni guardavano: se io potessi parlare al Re , e’ mi dà il cuore che io gli darei un con siglio , per Io quale egli vincerebbe la guerra
- ho bene,in altro tempo che io in que ste vostre contrade usato sono, alla manie ra la qual tenete nelle vostre battaglie po sto mente, mi pare che più con arcieri che con altro quelle facciate; e p e rc iò , ove si trovasse modo che agli arcieri
- del vostro avversario mancasse il saettam ento, e’ vo stri n ’avessero abbondevolmente, io avviso che la vostra battaglia si vincerebbe. A cui il Re disse.' senza du b b io, se cotesto si potesse fare, io mi crederrei esser vincitore. A l quale M
- propo s ito , mi piace di racco n tarla. In R o m a , la q u ale, come è oggi coda , cosi già fu capo del mondo, fu un giovane, poco tempo fa, chiam ato Pietro Boccamaz za , di fam iglia tra le romane assai onore vole, il quale s’ innamorò d ’ una
- che Pietro tu non s a i , tu dimorerai qui meco infino a tanto che fatto mi verrà d i potertene sicuramente mandare a Roma . Pietro stando sopra la quercia quanto più doloroso esser potea, vide in su ’ l primo sonno venir ben venti lu p i, li quali
- rispose : se quivi ti dà il cuore di venire , io mi credo ben far sì che fatto m i verrà di dorm irvi. Ricciardo disse di s ì . E questo d etto , una volta sola si basciarono alla sfuggita , et andar via. Il dì seguente , essendo già vicino alla-fine di m
Jacopo Corbinelli et les érudits français d'après la correspondance inédite Corbinelli-Pinelli (1566-1587)
Editeur : Ulrico Hoepli
Date : 1914
Sujets : Corbinelli, Jacopo (1568-1580) | Pinelli, Giovanni Vincenzo (1535-1601)
- e -lib r a io d e lla R e a l C asa MI LANO 1914 Scuola Tipo·Litografica « Figli della Provvidenza » — Milano. A VITTORIO IN MEMORIA DELLA MAMMA 19 giugno 1914. Questo studio l'Autrice presentava nel 1909, quale tesi di diploma, alla fine
- al t empo d ella R egina Ca t erin a de’ Medici » (Voy. APOSTOLO Z ENO, Lettere, Venezia 1785, II , pag. 241). E t le 11 avril 1716 (Oeuvr. cit., II , pages 328 e 329 ): « Nè meno g rate mi sono s ta te q u elle (les notices) che riguardano il famoso
- e legge nella Fisica di P a o l o DEL R OSSO a riguardo che non mi è mai avv enu to di poter vedere quel libro, dal q u a le mi vien fat t a ragione circa il p o rre il Corbinelli fra i Poeti Ita lia n i a riguardo del sonetto che quivi si legge di
- ) : « Mi occorre pregarla di singolar favore ; ed è che dal Codice delle R ime raccolte d a Chirico S trozzi esisten ti cost ì nella L ibreria di S. Agostino, mi faccia tr ascrivere le poche rim e di Jacopo Corbinelli scritte al Cavalier F ra Paolo del R
- osso ». E t d e Salvino Salvini aussi il recev a it d es notices sur Jacq u es Corbinelli : « Se m pre p iù ella mi v a obbligando e instruendo con trasm etterm i notizie pellegrine e ben fondate intorno a Jacopo Corbinelli» (vol. I I , Etudes de
- eux une solide amitié de longue date. C orbinelli à et à P a ris . L yon Vers le commencement de 1566 Corbi nelli passe donc en France (1) ; le 10 février 1566, il est à Lyon. Il écrit alors à son ami : « Io mi parto in questo punto per la corte
- connaître au plus tôt quels sont en core les livres que celui-ci désire, car : « Non so s ’io mi fermerò qua ancora qualche settimana o se pur mi converrà andar randagio : le cose vanno in un certo modo che io non so più nulla et mi conviene vivere tanto
- iannotti perchè n ’è delle bugie. Il Bruto sì , perchè dice esser ancora bugiardo nelle scrit ture sue più im portanti e t m olto n egligen te . Lo stile et la elocutione mi persuade vera l’op[inio]ne del Bruto: m e ne informerò ancor m eglio d a m ess
- tre su rvenue les prem iers jours d e l’an, car Corbinelli dan s une le t tr e d u 19 ja n v ie r 1573 (Cod. I, f. 164) p a ra ît d é jà au couran t d e ce t t e nouvelle. Il é crit à Pinelli : « E t mi re sta v a a condolerm i con t u tti gli am ici
- infi delitates amicorum, son pazze cose et mi fanno dimen ticare tutti gli stili dell’hermeneja et le nostre solite gratie ». M ariag e de C h arles IX (1570). C’est l’époque du mariage du roi et la cour est plus animée que jamais (3) : « Le feste
Extraits de Boccace (en italien)
Editeur : Garnier Frères
Date : 1901
Sujets : Boccace (1313-1375) -- Critique et interprétation
- h is to riq u e s, tels (¡uido Cavalcanti, le p oète am i de Dante, Giotto, le r é n o v a t e u r de la p e in t u r e ita lien n e, et bien d 'a u tr e s e n c o r e 1. De tous ces é lé m e n ts h a b ile m e n t mis en œ u vre, Boccace a com posé
- ran pezza « Di bosco in bosco, credendo p ig lia rla ; « Ma ella tosto de’ m onti l'altezza « P rese, p e rc h ’io di più p e rse g u ita rla « Sì mi rim a s i4 con m olta gram ezza; « E in cuor mi posi d ’ancor ritrovarla « li con più agio seg u irla
- a ltra volta. « Cosi a casa tornandom i d iò s volta. « Io mi levai s tam ane; a dire il vero, « V eggendo il tempo bel, m i ricordai « Della cerb ietta, e vennemi in pensiero « Di lei cercare, e m i d e lib e ra i6. « Così mi m isi su p er un sentiero
- « C h e 7 non m ’accorsi c h ’io mi ritro v ai « « « « « « « 1. C o r b io tta : d im in u tif de cerbia pour cerva, uno biche. ‘2. C ette com paraison avec une grue, qui nous paraît peu gracieuse, n’a d ’autre but que d ’ex p rim er la légèreté de
- il poggio, quando di già era « A mezzo il ciel colla lucente sp era 1. « Q uando sentii e vidi m enar foglie « Di freschi q uerciolet ti, o nd’io più p re sso « Mi feci a lq u a n to 2, dietro alcune sc o g lie 3 « T acitam ente p er veder fui m esso
- 1 : « Vidi tre cerb ie 3 g ir con p ari voglie, « l/e r b e p ascendo; perchè fra me stesso « A vvisando p ig liarn e una, pian piano « V er lor n ’andai con un po’ d ’erba in m a n o 0. « Ma com ’elle mi v id o n 7, si fuggirò « S u s o 8 al monte
- tolse la notte venuta. « O r sai della mia s ta n z a " la cagione, « O caro p ad re, e di questo sii certo. » 1. S p e r a : form e ancienne e t po étiq u e pour afera. 2. La proposition and' io più pre/tuo mi feci alquanto doit être expliqu ée com m e
- une sorte de paren thèse, rattachée à la phrase par la conjonction e x p lic a tiv e onde. 3. S c o g lie : rochers. 4. F u i m o sso : mi mis i. 5. C e r b io : voir ci-dessus, v .2 6 e t la note. lî. Détail naïf e t plein de grâce. 7. V id o n
- fa lupo rapace La m isera e dolente p eco rella; « Mu sì come colei che più mi piace S o p r’ogni cosa, o sia quanto vuol b e lla 4. T u se ’ la mia speranza e'1 mio disio, li se tu a v e s s i8 m al, sì l'arei io. ■< Se tu m ’asp etti “, o M ensola
- Celle qui as . « T u se’ colei che s o l 1 mi guidi e re g g i, « T u s o la la mia v ita s ig n o re g g i2! » Sans é c o u te r les a r d e n t e s p r i è r e s d u j e u n e h o m m e , Mensola fuit to u jo u rs (I b i d st. 38 et suiv.). E nella
L'Italia nella letteratura francese dalla morte di Enrico IV alla rivoluzione. Tome II.
Editeur : Soc. Tipo Ed. Nazionale
Date : 1907
Sujets : Littérature française -- Thèmes, motifs | Italie -- Dans la littérature
- , o fingendo di piangere, a dire dei malevoli, poco commossa, esclamò al cancelliere De Silleri nel quale per caso s ’imbattè : Il re è morto. — Signora, rispose quel magistrato, vostra maestà mi perdonerà : i re non muoiono punto in Francia. — Questa
- monarchia, e in sieme aveva assai ben fatto gli interessi suoi. Maria lo fece nominare cardinale. Nel ricevere la porpora, dicesi che ei la deponesse ai piedi di lei, umilmente : — Signora, questa porpora, che io debbo alla maestà vostra, mi farà sempre
- antique Un rossignol disputa S u r ut ré mi fa so lla Avec la belle Angelique Mais le rossignol perdit A u x doux sons qu’elle épandit. » Mentre cosi si divertivano all 'H ôtel Rambouillet, nuova guerra scoppiava in Italia per la successione del ducato
- collaterali. Richelieu consiglia Luigi X II I a sostenere le ragioni del Nevres, sempre pronto a mi( 1) Mémoires de t’abbéArnauld, collection Michaud et Paujolat, Tom. X X X III. , schiarsi nelle cose italiane, col segreto proponimento di impadronirsi
Bibliografia dantesca. Tome II.
Editeur : Tipografia Aldina
Date : 1845
Sujets : Dante Alighieri (1265-1321) -- Bibliographie| Dante Alighieri (1265-1321) -- Divina commedia
- mi sento tanto dotto nè tanto superbo da tenermi infallibile, era del tutto apparecchiato, da quel povero bibliografo che sono, a chinare il capo dinanzi ad u n ’ affermazione di pregialo filologo; ma essendo l’ argomento principale adoperato dal mio
- opinione sopra 1’ Ottimo mi fruttò la Postilla se guente pubblicala dal sig. A. T. a fac. 129 degli Studi inediti su Dante ( Firenze, Agenzia libraria, 1845, in 8. ) , raccolta in cui fu ristampata la mia dissertazione con alcune aggiunte (1). Ecco
- antico Comentatore conosciuto del Poema di Dante : e certo a questo ragionamento non si può apporre. Ma v’ ha una leggiera difficoltà ; e per costringere il sig. A. T. a darsi per vinto mi basta opporgli che la caduta del Ponte Vecchio di Firenze non
- Div. Com . , il quale non è giunto fino a n o i, o almeno non è nolo. Ecco du nque, o Signore, due, se non tre, Comentatori in dubitatamente anteriori a quello dell’ O ttimo, il cui autore scriveva soltanto nel 1334. Ora non mi opponga il sig. A. T
- Biblioteche Fiorentine altri sette, i quali contengono tutti letteralmente i medesimi luoghi, non in m ar gine, ma ben inclusi nel corpo del Comento, e che tutti questi Co dici provengono da diversi copisti, e quasi tutti da copie diverse. Mi sarei
- sua patria nel 1334, è chiaro che la composizione e l'in v io di esso scritto sono anteriori al 1334. Inoltre notiamo che il Compilatore del VOttimo citando il Comento di lui dice sempre II Cancelliere di Bologna. (2) Questa data è traila da mi
- solamente le congetture, ma anche i fatti su che mi fondo per perseverare nella opinione da me esposta intorno al Comento dell’ Ottimo , di cui il sig. Cerotti sottobibliotecario della Corsiniana darà in breve alla luce una buona edizione, collazionata con
- dell’ inferno Annotazioni marginali che mi parvero della stessa mano; esse appartengono al Comento attribuito a Jacopo della Lana. Vedi la fac. 601 del primo tomo. Il Codice finisce col Credo di Dante. Bandini, V. 38-39 ; — Montfaucon, fac. 320, che lo
La torche sous le boisseau
Editeur : Calmann-Lévy
Date : 1928
Sujets : Théâtre (genre littéraire) italien -- 20e siècle -- Traductions françaises
- * (ÉIHTIOIX* UALZAC) *== » LA SOUS TORCHE LE Re pr é s e n t é e BOISSEAU pour la p r e mi è r e fois s ur la s cène do la Comédie- française, le 7 Dé c e mbr e 1927. CHORUS « A p â tra v T i 7ta0£iv *», tpiyéptov (xOÔoç xàôe qptoveî
- ébranle de fond en comble la maison. Il va m e la démolir ! Benedetta, ne vois-tu pas que s’élargit la fente, là, dans la travée? E t l’on n’a pas encore mis la clé ! Ce Maître Domenico di Pace ne viendra donc jam ais? Veut-il notre m ort? BENEDETTA. Il
- . Ne dem ande pas! Regarde ses yeux. LA TORCHE SOUS LE BOISSEAU G I G L I O L A , d o mi n a n t s ouda i n s on a ngoi s s e , t a ndi s que l a vi si on s ét ei nt e nt r e ses cils. Je suis folle. Voilà ce que tu veux dire, nourrice? J ’ai la
- un ducat ? Il sort. DONNA ALDEGRINA. Attends ! Écoute ta mère. Je t’en supplie! Elle s ui t son fils, qui ne se ret ourne pas. SCÈNE TIBA LD O DE SANGR O V r es t e a s s i s , a u milieu des pa r c h e mi n s , t ête ba ss e , e n c o r e t
- r e ga r d la nourrice qui s' en v a silencieuse me nt , e t mont e dans l' ombre do l’escalier. Pui s elle s’a pproche de son père, e t s a voix tremble. Père, c’est moi. Il n ’y a plus personne. Je suis seule avec toi. Il se lève, t i mi de me nt
- l’obliquité que depuis j ’ai revue mille fois, le masque convulsé que t’a mis cette femme et que tu ne peux t’arrach er... TI BALDO. Mais le vois-tu? ici? l’ai-je donc ici? Q uand je pleure, ne se fend-il pas? Mais qui t’a faite si cruelle? Qui t’a changée
- . Pense que le jo u r où tu me mis au monde ne compte plus; mais que ce jour-ci compte pour mon éternité, si tu m’aides. DO NNA Comment t’aiderai-je? Nous parlons ALDEGRINA. LA TORCHE SOUS LE BOISSEAU pour couvrir la clam eur qui est au fond de
- su r sa poitrine ce pauvre en fa n t... secrètem ent rongé... Est-ce possible? Non, non, c’est impossible. Trop grande serait l’infamie ! TIBALDO. Oh! oh! Pourquoi suis-je né? Mère, pourquoi m ’as-tu mis au m onde? Voilà ce que tu me réservais, à
- pleurant, eu te tordant par terre, quand je voulais m’en a lle r; tu m 'as prise aux genoux; tu as mis ta face dans la poussière pour que je pose mon talon sur ta nuque. LA TORCHE SOUS LE BOISSEAU TIBALDO. E t que tu me reproches les hontes, et que
- tu me rappelles les lâchetés, à présent, q u ’im porte? J ’ai relevé la tête. T u le vois. ANGIZIA. O ui, pas pour longtemps. P our te m ontrer à ceux-là qui t’excitent contre moi. T out à l’heure, tu t’es mis le m asque de l’homme fort devant ta